Hanno le idee chiarissime sul loro futuro: 4 su 10 progettano di andare a studiare o a lavorare all’estero nei prossimi 3 anni, solo 1 su 10 pensa di sposarsi o mettere su famiglia a breve termine, anche se la sfera affettiva resta al primo posto della loro scala di valori, sognano di trasferirsi in un paesino di mare (43%). E guai a inquadrarle nei soliti stereotipi di genere: 3 su 10 confessano di fare senza problemi cose una volta considerate prevalentemente “da maschi” come bersi una birra con gli amici o parlare con passione di economia e politica… E anche se sono “native digitali”, 8 su 10 rinuncerebbero senza problemi allo smartphone o al social network preferito ma mai a un libro, un buon film o alla compagnia degli amici.

Sono le Millennials italiane, la generazione delle ragazze nate 1980 e il 1996. Le  18 – 35enni  sono circa 6,8 milioni e sono molto diverse dalle loro madri o zie: 4 su 10 lavorano (42%, circa il 20% in più rispetto a venti anni fa), mentre il 16% (1 milione di giovani donne under 35, erano circa 800 mila a meta anni Duemila) lavorano in casa, alcune per costrizione (difficoltà a trovare un lavoro) altre per scelta. 7 su 10 hanno una (o più di una) laurea o sono diplomate: quasi il doppio degli anni Novanta. Chi lavora si sente apprezzata e appagata (grado di accordo 7,5 su 10) e nella vita considerano intelligenza e competenza molto più importanti della bellezza (con un grado di accordo di 8,6 su 10).

A scattare questa inedita e per certi aspetti sorprendente fotografia è la ricerca Una generazione che non si era mai vista. Donne che amano la birra, commissionata a DOXA da AssoBirra (l’associazione dei produttori di birra e malto che riunisce grandi aziende, marchi storici, microbirrifici e malterie) e realizzata su un campione di 500 donne rappresentativo della popolazione nazionale tra i 18 e i 35 anni.

Secondo la ricerca se domandiamo alle under 35 cosa conta di più nella vita, al primo posto figura la famiglia (92%), seguita dal lavoro (63%). Ma poi se gli si chiede più concretamente quali progetti di vita hanno per i prossimi 3 anni il pragmatismo fa invertire questo sistema “emotivo” di valutazione: il 43% pensa di andare a studiare o lavorare all’estero (ma saliamo a oltre la metà del campione tra chi non ha un impiego), mentre solo il 27% programma di sposarsi, andare a convivere, o avere figli.

Una generazione che non ha problemi a dichiararsi “diversa” da quella delle proprie madri. E se gli si chiede se “fanno o meno cose da maschi”, 3 su 10 rispondono, senza problema, confessando che amano “parlare di politica ed economia” e “bersi una birra con gli amici”.

E a proposito di birra, 6 su 10 la bevono regolarmente, mentre appena 30 anni fa le donne che la consumavano erano appena il 25%…  E se domandiamo loro il perché di questo cambiamento rispondono senza problemi: “non abbiamo più paura di dire che apprezziamo la birra” (46%), “il nostro gusto sta cambiando” (39%), alcuni pregiudizi (gonfia, ingrassa) “sono stati ridimensionati” (27%).

Ma le donne che amano la birra lo fanno nel loro stile e con il loro peculiare approccio, con moderazione  (il 20% la beve 1 volta a settimana ma il 32% addirittura meno di una volta la settimana) e in abbinamento al il cibo (il 70% dei consumi sono a pasto, a casa o fuori, il 13% come aperitivo, spesso rinforzato da cibo, e solo il 17% come dopo cena con gli amici). Anche le quantità sono decisamente ridotte: il 43% sceglie la classica 0,20 (o anche meno), il 38% indica la 0,33 cc e solo il 19% la media da 0,40 cc.

Questa generazione – spiega Filippo Terzaghi, direttore di AssoBirra – è stata capofila di un cambiamento di approccio epocale nei confronti della birra. Abbiamo voluto conoscerla meglio in tutti i suoi aspetti relativi alla concezione del mondo e allo stile di vita. E abbiamo scoperto, con piacere, che la loro anticonvenzionalità nell’approccio alla birra – per 1 su 4 è la bevanda alcolica preferita mentre 6 su 10 la bevono con moderazione, registrando i consumi procapite, 14 litri l’anno, più bassi d’Europa – è solo sintomo di una più generale diversità che si riflette in ogni scelta e anche nei sistemi di valori, che mettono l’amicizia, la socialità, la cultura e la realizzazione nel lavoro al primo posto. A queste donne che sanno essere come la società le vuole, trovando però anche il modo per essere come vogliono loro stesse, abbiamo dedicato una campagna – “Birra io t’adoro” – la prima dopo quella storica degli anni Ottanta con Renzo Arbore… E, soprattutto, la prima con le donne al centro del messaggio”.